Giovanni Battista Sammartini (1701-1775)
Quartetto Sinfonico in sol maggiore per archi
I - Allegro con brio
II - Andante molto espressivo
III - Presto
All’ombra dei famosi editori musicali Ricordi (Giovanni il
capostipite e poi i figli Tito e Giulio) a Milano esisteva una miriade di
piccoli stampatori di musica che si occupavano di autori minori o raccoglievano
in grossi album numerose pagine vocali e musica strumentale specificatamente
rivolte all’intrattenimento salottiero della buona società. Fra tante musiche
ecco che qualche volta (come nel caso del quasi del tutto oscuro editore
Romualdo Fantuzzi di Milano) si potevano trovare in vendita pagine di musica
barocca la cui fonte era spesso sconosciuta ma che riportavano titoli
accattivanti come appunto Quartetto Sinfonico, terminologia assai difficilmente
riconducibile al XVIII secolo. Pubblicati nel 1895 e conservati a Milano, questi
tre movimenti sono attribuiti a Giovanni Battista Sammartini e testimoniano la
forte attrazione che l’autore milanese cominciava a suscitare presso il grande
pubblico (fin dal 1863 i musicofili italiani si stavano interessando al
repertorio non-operistico grazie proprio a Tito Ricordi, che fondò la celebre
Società del Quartetto di Milano; lo stesso Verdi, ripetutamente, invitò gli
studiosi e gli appassionati a rinnovare l’interesse per la tradizione musicale
italiana in tutte le sue espressioni, non solo in quella dell’opera lirica).
Su questa scia, dunque, Romualdo Fantuzzi decide di dare alle stampe musica di
Giovanni Battista Sammartini, sapendo perfettamente che la Famiglia Ricordi -
lungimirante come pochissime in Italia in fatto di musica - quando indirizzava
la propria attenzione ad un particolare repertorio non era certo per rimetterci
del denaro. Un trionfo editoriale dei Ricordi fu l’edizione di Antiche Arie
curate da Alessandro Parisotti, un volume che ancora oggi costituisce un punto
di riferimento nelle musiche da camera con voce. È da questo momento che le
pubblicazioni di musiche antiche italiane iniziano ad occupare un considerevole
spazio nel mercato musicale, riportando alla luce autori scomparsi o
semisconosciuti e - soprattutto - di stimolare la fantasia creativa di
compositori come Ottorino Respighi, il quale talmente tanto apprezzò i nostri
musicisti del passato da ispirarsi a loro per la composizione delle tre “suites”
Antiche Arie e Danze. Sono questi gli anni nei quali Giovanni Battista
Sammartini non fu più trattato come un musicista lontano e “parruccone”, ma come
un modello di modernità ed inventiva musicale, tanto che Alfredo Casella, nel
1939, adatterà per pianoforte, violino e violoncello alcune pagine dalla sua
Sonata Notturna per due violini e basso continuo.
Luigi Boccherini (1743-1805)
Quintettino in do maggiore op. 30 n. 6 (G 324) “La musica notturna delle
strade di Madrid”
Le campane dell’Ave Maria - Il tamburo dei Soldati - Minuetto dei Ciechi
Il Rosario - Passa calle - Il tamburo - Ritirata
Nato a Lucca nel 1743, Luigi Boccherini fu tra i maggiori (e
musicalmente prolifici) compositori del XVIII secolo. A quattordici anni, come
violoncellista, seguì il padre Leopoldo (che era contrabbassista) a Vienna, dove
entrambi suonarono nell’orchestra del
Teatro Imperiale. Il fascino che la capitale asburgica suscitò sul ragazzo lo
portò presto ad assimilare le nascenti forme musicali che andavano per la
maggiore: il quartetto e il quintetto per archi. Dopo un periodo di
apprendistato a Roma, tornò nella sua città Prima parte natale dove fu assunto
presso la Cappella Palatina. Fu qui che riuscì a formare il primo quartetto per
archi d’Italia insieme ad altri tre solisti eccezionali come i due violinisti
Filippo Manfredi e Pietro Nardini e il violista Giuseppe Maria Cambini. Nel
1767, durante una fortunata tournée col “suo” quartetto, Boccherini ottenne
l’assunzione presso la corte spagnola. Se il suo incarico al seguito di Don
Luigi Infante di Spagna non gli dava molta soddisfazione non di meno la sua
musica fu sempre assai applaudita ed apprezzata. L’infante poi, siamo nel 1776,
venne esiliato dal padre Carlo III per uno scandalo a corte e Boccherini fu
costretto a seguirlo nella reggia di Las Arenas. La morte della moglie (dalla
quale ebbe cinque figli) e del suo datore di lavoro lo videro in breve tempo
alla ricerca di una nuova occupazione, che ottenne nel 1786 presso il palazzo
della duchessa Benevante-Osuna. Solo un anno durò questo incarico: infruttuosi
furono poi i contatti con Federico Guglielmo II di Prussia (al quale dedico
moltissima musica con violoncello solista, strumento che il regnante suonava da
valido dilettante). Nel 1799 giunse a Madrid Luciano Bonaparte che spazzò via la
monarchia spagnola e con essa anche le speranze di Boccherini di trovare
un’occupazione stabile. Trascorse gli ultimi anni in miseria, colpito anche
dalla perdita di tre figlie e della seconda moglie. Morì il 28 maggio 1805.
Nella Musica notturna delle strade di Madrid Boccherini descrive la singolare
vitalità che le strade di Madrid offrono nelle ore notturne. Divenuta
popolarissima ancora vivente l’autore, questa composizione presenta alcuni
arrangiamenti di lavori precedenti come La Ritirata, un movimento che fa parte
del quintetto con fortepiano e successivamente riadattata anche per chitarra.
Gioachino Rossini (1792-1868)
Sonata a quattro n. 1 in sol maggiore
I - Moderato
II - Andantino
III - Allegro
Il nome completo di Rossini era Giovacchino Antonio Rossini,
nato nel giorno bisestile 29 febbraio del 1792 - grazie al quale diceva di
invecchiare solo ogni quattro anni -. Di lui sono assai note le fortune musicali
(composizioni come Il barbiere di Siviglia, La cenerentola e L’Italiana in
Algeri ne fanno l’ultimo grande erede del genere comico dell’opera italiana),
sappiamo che fu maestro indiscusso anche nel genere serio (con titoli
fortunatissimi come Semiramide, Mosè in Egitto, L’assedio di Corinto), che nel
1829 inaspettatamente si ritirò dalle scene musicali (col capolavoro Guglielmo
Tell), che si dilettò di cucina, che era ipocondriaco, che si sposò due volte
(la prima con la celebre cantante Isabella Colbran; la seconda con Olympe
Pélissier, avvenente modella, la preferita del pittore Horace Vernet), che
durante la sua vecchiaia compose moltissima splendida musica per pianoforte e
infi ne che nel 1863 diede alla luce il suo estremo capolavoro, la Petite Messe
Solennelle. Non tutti però sanno che fu, come Mozart, un bambino prodigio. A
otto anni era già iscritto presso il Liceo Musicale di Bologna, e lì studiò
intensamente composizione appassionandosi alle pagine di Haydn e di Mozart (è in
questo periodo che si guadagnò l’appellativo di “tedeschino”). Dimostrando
grande ammirazione per le opere di Cimarosa, Rossini scrisse la sua prima opera
a quindici anni: Demetrio e Polibio. Ma già nel 1804 compose le celebri Sei
Sonate a Quattro, durante le vacanze estive, quando fu ospitato nella tenuta
Triossi di Conventello, presso la villa della ricca famiglia di Ravenna. Fu il
giovane Agostino Triossi, dilettante contrabbassista autodidatta, ad invitare il
ragazzino a comporre musica da intrattenimento, coinvolgendo poi nel progetto i
cugini Luigi e Giovanni Morini, rispettivamente violinista e violoncellista.
Furono giorni di straordinaria felicità, durante i quali Rossini riuscì a
stupire ed entusiasmare la famiglia che lo ospitava.
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791)
Serenata in sol maggiore K 525 “Eine kleine Nachtmusik”
I - Allegro
II - Menuetto in si bemolle magg. (K.Anh136/498a)
III - Romanza. Andante
IV - Menuetto. Allegretto
V - Rondò, Allegro
Non sono solo il Requiem e la Messa in do minore K 427 ad
essere avvolti da un “mistero” storico e musicologico (entrambi questi lavori
sono rimasti incompiuti), ma anche questa celeberrima serenata che Mozart
completava nel 1787 (anno della morte del padre Leopold e della première del Don
Giovanni a Praga). Mozart aggiornava costantemente un piccolo quaderno dove
catalogava tutte le sue composizioni portate a termine. Così scriveva: “Eine
Kleine NachtMusick (sic), che consiste in un Allegro, un Menuett con Trio, una
Romance, un Menuett con Trio e un Finale. Per 2 violini, viola e i Bassi”. Del
primo dei due minuetti scritti non se ne sa nulla. L’autografo mozartiano è
scritto su pagine da musica riunite in volumetto e oggi così numerate: l’Allegro
sul folio 1 e 2; il folio 3 è stato vistosamente strappato dal volumetto; la
Romanza su folio 4 e 5; sul folio 6 tutto il secondo Menuetto e una parte del
Rondo che si conclude sul folio 7 e 8. Non si sa né il motivo della commissione,
né il committente di questa serenata... e non si sa nemmeno il perché manchi il
primo Minuetto! Più di uno studioso mozartiano ha tentato di chiarire questa
vicenda e - soprattutto - di dare la forma originaria a questo capolavoro. In
tempi recenti sia Christopher Hogwood (celebre clavicembalista e direttore
inglese) che Andrew Manze (altrettanto celebre violinista e musicologo
mozartiano) hanno voluto completare l’Eine kleine, per i loro concerti e le loro
incisioni, con un Minuetto ritrovato tra le pagine di Thomas Attwood, un
violinista inglese che fu pupillo di Mozart e che in quel 1787 era ospite per
studio a Vienna presso la casa del compositore. La pagina in questione è un
lavoro in puro stile mozartiano e ben differisce dalle altre pagine scritte
dall’Inglese a Londra. Che sia un lavoro di Mozart copiato da Attwood? Gli
studiosi inglesi sostengono di sì, anche se le prove sono impossibili da
mostrare.
Più “vicino” al mondo viennese è invece la scoperta - risalente al 1951 - di
Alfred Einstein (cugino del famoso scienziato Albert e luminare della poetica
mozartiana) che individua in una Sonata per pianoforte del 1786 il “precedente”
musicale dell’Eine kleine. Questo lavoro (oggi catalogato a parte nell’elenco
mozartiano col numero K.Anh136/498a) è un lavoro che sviluppa tematiche più
vicine a quelle di una serenata che non a quelle di un pezzo per pianoforte.
Einstein sostiene che Mozart “assemblò” un un unico lavoro quattro diversi
movimenti per pianoforte, forse scritti singolarmente per i suoi allievi. La
cosa strana è che Mozart non scrive mai sonate per pianoforte in quattro
movimenti e questo ha indotto lo studioso tedesco a supporre che fossero pagine
“preparatorie” per un lavoro successivo. Questa Sonata fu pubblicata per la
prima volta nel 1798 sia da Thonus di Lipsia che da André di Offenbach sul Meno.
Studi più recenti hanno permesso di scoprire un’edizione a stampa del 1806 ma
con attribuzione al compositore August Eberhard Müller.
Oggi la discussione sull’autenticità di questo lavoro è ancora assai vivace e
lontana dalla sua defi nitiva conclusione. Nel 1978 Karl Marguerre giudica di
mano mozartiana il solo Minuetto, mentre nel 2006 il Mozart Forum (uno dei
migliori siti dedicati al “divino Wolfgang”) ravvisa anche nel primo movimento
di questo lavoro (un Allegro) la mano del genio di Salisburgo. Il M° Enrico
Groppo, sulla scia del grande musicologo inglese Thurston Dart, (che nel 1952
trascrisse per archi questo Minuetto) ha voluto strumentare per quintetto questa
curiosa pagina di danza K 498a, posizionandola in quella che doveva essere nel
1787 la sua originaria collocazione all’interno della serenata.
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